La doccia

Stavano abbracciati sotto la doccia, bocca sulla bocca, i capelli come alghe in faccia, a misurare con la pancia il respiro dell’altro. Li univa qualcosa di imprescindibile, quasi necessario, che dava senso a quello stare abbracciati e ne toglieva a qualsiasi altra cosa, mentre l’acqua appiccicava la pelle.

Quella di lei era pelle preziosa, da non sprecare; pelle da assaggiare lentamente, bacio dopo bacio, centimetro dopo centimetro. Lui aveva pelle ruvida invece, pelle da uomo fatto su di un corpo ancora adolescente. Quando la baciava era come una promessa mantenuta, come un dono immeritato. Quando lo baciava tutto diventava chiaro, quasi ovvio, semplicemente innegabile. Lei affondava le unghie per confermare che fosse vivo, che fosse vero. Lui non osava, per paura di far troppo male, di sciupare quella superficie così dissonante con le sue mani callose.

Il sapone lasciava su di lei tracce sottili, scorrendo lungo curve ancora acerbe che già si impegnavano a promettere piaceri da scoprire. Lo shampoo creava grosse bolle fra i capelli di lui, dove mani dalle unghie affusolate potevano giocare a tuffarsi e poi riemergere.

Facevano scorrere i polpastrelli ad occhi chiusi, perché a volte bisogna essere ciechi per vedere i dettagli. Facevano scivolare le mani per imparare a riconoscersi al buio. Sotto l’acqua calda la pelle arrossiva, le labbra ingrossavano, i muscoli si rilassavano, la vagina si schiudeva, i capezzoli inturgidivano, il pene si riempiva, le ginocchia vacillavano. Quello era il momento che aspettavano, che desideravano e cercavano consapevolmente, anche se inconfessabilmente.

L’accappatoio soffice da dividere, una salvietta fra i capelli, scalzi in punta di piedi sul pavimento freddo, saltellando fino al letto a una piazza sola che a loro sembrava una distesa d’erba odorosa, sembrava sabbia calda, sembrava seta, o una nuvola. Il loro posto.

Lei sorrideva sotto tutto quel peso ossuto e rabbrividiva quando il tepore di lui le toglieva quasi di colpo il freddo dell’acqua. Allora lui si faceva serio serio, come se quel momento dovesse rimanere unico per i cent’anni a venire, quasi sacro; come se fosse investito di una responsabilità che accettava col timore non saperla sostenere.

Rimanevano a vagare negli occhi per interminabili istanti in cui lo scorrere del tempo sembrava un male che toccasse solo ad altri. Avevano davanti un’eternità gravida di promesse da non sciupare, per non scoprire che il tramonto traditore era dietro l’angolo.

Prima che gli occhi diventassero bugiardi, lei infilava le mani fra le gambe e gliel’afferrava. Lo stuzzicava un poco, solleticandolo sul dorso o carezzandolo sotto fino a lambire i testicoli, sorridendo di quella innocente perfidia. Quando lo sentiva fremere di desiderio, ma non prima di sentirsi soddisfatta di quel giocare, se lo avvicinava e si lasciava penetrare.

Lui sentiva un vento fresco scorrergli lungo la schiena e tremava di gratitudine. Si godeva quell’attimo fondamentale, così breve e denso allo stesso tempo. Il pene si faceva più teso quando i labbri avvolgevano il glande. Si preoccupava sempre di quel poco di inziale resistenza, come se lei avesse cambiato idea. Ma era solo impreparazione. Appoggiarle finalmente il pube contro gli dimostrava che questo mondo era e sempre sarebbe stato l’unico in cui valesse la pena vivere.

Lei si stupiva ancora, ma senza vergogna, per quei seni minuti e spavaldi che sembravano voler scoppiare di gioia e sparare i capezzoli in alto. Avrebbe giurato che nulla era per lei più importante che sentirlo salire e scendere lungo il suo corpo. Il caldo, il ruvido del cotone, il respiro, il sudore a piccole gocce, l’odore della pelle, il lenzuolo fra le mani, il cuscino dietro il collo, il muro contro la testa, il piacere sempre più grosso, su per la gola, magnifico, enorme, irrinunciabile, potente, soffocante!

Ansimava aggrappata alle scapole alate e spigolose, una gamba tesa lungo quella di lui, l’altra contratta attorno ai suoi lombi, il caldo umido fra i peli e la gioia che batte forte nel cuore due o tre volte al secondo.

Allora lui si fermava e aspettava paziente che lei si sciogliesse. La osservava stringere gli occhi e spalancare la bocca in cerca d’aria, vibrante, viva, sua, e non sapeva immaginare cos’altro avrebbe potuto desiderare in tutta una vita.